CapStudio e Fibre Net illustrano il percorso che ha portato alla scelta dei materiali più adeguati per mettere in sicurezza tre ponti storici anconetani
Redazione VISIONJ
Monitoraggio dell’opera, conoscenza, progettualità, scelte tecniche, collaborazione, risultati performanti e durevoli. Una sequenza di attività che, se viste non come “isole”, bensì come legate da “ponti” consapevoli, produce provata qualità costruttiva. E dunque sicurezza. Se poi questa stessa sequenza si applica nel tempo, ovvero si reitera poggiando sull’esperienza, allora gli esiti possono essere ancora più soddisfacenti, e dunque meritevoli di essere raccontati. Lo facciamo in questo articolo che tratta proprio di ponti, in questo caso in senso letterale, e di chi si adopera a metterli in sicurezza, a partire dalle stazioni appaltanti e proseguendo con progettisti e sviluppatori di materiali e tecnologie contraddistinti da rigore, senso dell’innovazione, nonché naturalmente conoscenze e competenze specifiche.
I manufatti in questione sono opere collocate sulla rete stradale gestita dalla Provincia di Ancona, due di essi – gemelli – lungo la SP 16 di Sassoferrato e il terzo sulla SP 15 di Genga. Gli interventi di adeguamento, miglioramento e recupero delle opere d’arte dei primi due ponti sono stati progettati ed eseguiti tra il 2019 e il 2020, mentre quelli del “ponte di Genga” sono prossimi all’esecuzione. Minimo comune denominatore – oltre al ruolo e all’impegno, naturalmente, della stazione appaltante (Provincia di Ancona – Settore III, Viabilità, Gestione e Sviluppo) – è stata senz’altro la collaborazione tra chi ha sviluppato la progettazione (CapStudio, con l’ingegner Alessio Pierdicca) e chi ha fornito una serie di soluzioni tecniche innovative (con relativo know-how) capaci di andare dritte alla risoluzione puntuale delle problematiche emerse, ovvero Fibre Net (nella fattispecie con l’ingegner Gianluca Ussia).
Miglioramento continuo
“Nella progettazione di quest’ultimo ponte in particolare – spiega Pierdicca a VISIONJ – da un lato abbiamo proseguito quella collaborazione tecnica con Fibre Net già foriera di ottimi risultati nei due precedenti interventi, dall’altro abbiamo potuto contare su dati ancora più raffinati in ragione delle metodologie e delle tecnologie di monitoraggio messe in campo: dai rilievi con laser scanner e droni alle indagini dinamiche, che ci hanno messo a disposizione un perfetto digital twin, a rinforzo dei modelli FEM”. Monitoraggio capillare, dunque, per ottenere la migliore conoscenza possibile delle vulnerabilità in essere, da mettere al servizio delle scelte progettuali finalizzate a risolverle.
Queste sono infine maturate sulla base di un confronto tra gli specialisti, che da un lato ha messo sul tavolo expertise consolidate e dall’altro ha condotto all’impiego di tecnologie in modalità per così dire “artigianale”, tenendo an- che conto del fatto, nota Pierdicca, che i ponti in questione sono anche opere architettoniche che necessitavano e necessitano di grande attenzione per quanto riguarda le finiture. “In simili contesti – aggiunge Ussia – occorre chiedersi: come posso impiegare al meglio i materiali compositi? La risposta emerge solo dal confronto costante con il progettista e dall’esposizione delle necessità determinate dalle indagini”. Nel caso dei tre ponti marchigiani, è andata proprio così.
Ponte Sassoferrato
Entriamo ulteriormente nel vivo di questa “catena infrastrutturale” che, in estrema sintesi, ha riguardato due tipologie di manufatti, quelli che definiremo “ponte Sassoferrato” (faremo riferimento soltanto al primo dei due) e “Ponte Genga”. Partiamo dal primo. Si è trattato di un intervento di rinforzo strutturale con materiali compositi fibro-rinforzati effettuato su un ponte in muratura soggetto a vicolo, ammalorato e strutturalmente non adeguato alla normativa vigente. La scelta del progettista è stata orientata ad adottare una serie di soluzioni di intervento innovative proposte da Fibre Net basate su materiali compositi – CRM e FRP – che spaziano dalla tecnica dell’intonaco armato con rete in fibra di vetro all’impiego di barre pultruse, fino alla ristilatura armata dei giunti con trefoli in acciaio.
Il ponte presenta una luce complessiva di 34 m (distanza tra le due spalle), le volte sono a tutto sesto per un raggio pari a 3,50 m, mentre le pile hanno un’altezza massima dall’imposta della volta pari a 10 m dal livello del terreno di fondazione. La situazione ex ante: pile costituite da muratura in mattoni pieni per la porzione perimetrale esterna e un nucleo centrale in pietrame disordinato; volte costituite da un arco in muratura a tre teste con sopra- stante riempimento in materiale sciolto e non coerente con funzione di rinfianco. I progettisti hanno innanzitutto svolto una campagna di indagini dinamiche per identificare le principali frequenze proprie di vibrazione, smorzamenti e forme modali.
Grazie a questi dati è stato così possibile calibrare i modelli FEM per le analisi strutturali al fine di avere un modello affidabile per l’interpretazione dei risultati. Le acquisizioni sono state eseguite mediante la registrazione in continuo di accelerazioni di tipo ambientale derivati dall’eccitazione naturale della struttura causata da fenomeni esterni, quali vento, microsismi e rumori derivanti da traffico veicolare. La campagna di monitoraggio dinamico ha consentito di rilevare un comportamento strutturale di tipo globale. Le caratteristiche dei materiali sono state infine determinate da prove in situ semi-distruttive, che hanno consentito di determinare i moduli elastici e le tensioni agenti sulle murature (martinetti piatti in configurazione singola e doppia).
Sempre in fase analitica il ponte è stato valutato in due differenti condizioni di carico: statica (definita secondo normativa come presenza di due corsie di carico parallele poste longitudinalmente al ponte con un carico tandem viaggiante in corrispondenza della chiave della volta centrale) e dinamica, con presenza di azione sismica. Le analisi condotte hanno dimostrato che con le attuali azioni sismiche il ponte non sarebbe stato in grado di sostenere azioni statiche e sismiche previste dalle attuali normative.
Gli interventi di rinforzo strutturale hanno quindi riguardato sia le volte sia le pile e hanno risposto puntualmente alle problematiche di degrado materiale e strutturale rilevato durante le indagini. Il pro- getto ha identificato nei sistemi Fibre Net le modalità più opportune per rispondere alle specifiche esigenze di messa in sicurezza. Nel dettaglio, i degradi delle pile sono stati risolti ricostruendo le porzioni ammalorate alla base con il metodo “cuci-scuci”, incrementando rigidezza e resistenza della base mediante intonaco fibro-rinforzato fino a un’altezza di circa 1,50 m (sistema CRM RISTRUTTURA) e aumentando le prestazioni meccaniche delle pile mediante tecnica “reticola” per mantenere la faccia a vista dei paramenti murati (sistema RETICOLA).
I dissesti e degradi delle volta, invece, sono stati risolti attraverso ricucitura e contenimento delle lesioni tra armille e volte mediante tecnica di ristilatura armata dei giunti (sistema RETICOLA), nonché ricucitura e consolidamento delle lesioni mediante iniezioni e inserimento di barre in materiale composito (barre pultruse del sistema BETONTEX).
Ponte Genga
Il “ponte Genga”, costituito da parti in cemento armato e parti in pietra e mattoni, presenta una serie di patologie strutturali che richiedono importanti interventi di consolidamento. È il risultato delle indagini visive associate a un’accurata campagna diagnostica ad alta tecnologia in cui, come nel caso della precedente tipologia, hanno giocato un ruolo determinante le indagini dinamiche, a integrazione delle modellazioni a elementi finiti (FEM). Il ponte in questione è un viadotto ad archi a 11 campate sostenute da setti murari longitudinali.
È costituito da tre tipi strutturali di archi: volte in muratura di pietrame, ai cui bordi insistono archi in calcestruzzo, sostenute da pile in muratura di pietrame rivestite in cls; volta principale in calcestruzzo armato, sostenuta da paramenti murari in calcestruzzo su cui poggiano degli archetti costituiti dallo stesso materiale; volte in c.a., sostenute da setti in muratura di pietrame rivestiti in cls con contrafforti in c.a. Il ponte ha una luce complessiva di circa 100 m (distanza tra le due spalle). Le pile, realizzate originariamente in pietra, in epoche successive sono state rivestite con camicia in c.a.
Con la collaborazione dei progettisti, entriamo nel merito delle criticità. Le volte in pietra presentano problematiche strutturali visibili anche all’intradosso quali la disgregazione di porzioni in muratura e polverizzazione dei giunti di malta. Per quanto riguarda le volte in cls, i degradi sono principalmente concentrati nella volta principale in c.a. che risulta debolmente armata e con copriferro non costante lungo il suo sviluppo. In alcune porzioni sono evidenti i segni del distacco di porzioni in cls ed espulsione del copriferro. Anche l’intonaco esterno, che riveste le porzioni in muratura e cemento, si presenta in pessime condizioni. Gli stessi contrafforti, infine, sono in avanzato stato di degrado.
Screening ad alta tecnologia
Il ponte, come si diceva, è stato sottoposto a uno screening estremamente minuzioso in cui sono stati messi in campo strumenti tech di ultima generazione, quali laser scanner e droni. I primi sono stati impiegati per esempio nelle zone occluse dalla vegetazione, mentre i secondi hanno restituito un rilievo aerofotogrammetrico completo. I dati raccolti sono stati quindi elaborati per andare a costituire un’unica nuvola di punti, georeferenziata e metrica, da cui sono stati estrapolati la planimetria e il profilo della zona oggetto di rilievo, mettendo in evidenza lo stato dei luoghi e in particolare le distinte criticità. Il modello BIM del ponte è stato quindi messo a disposizione della committenza in formato aperto IFC (dunque integrabile con qualunque software). In generale, questo plus di tecnologia è andato a implementare uno schema già storicamente orientato a un forte ricorso al monito- raggio. Per esempio, dispiegando indagini dinamiche in grado di determinare i principali parametri, dinamici per l’appunto, del manufatto (frequenza proprie di vibrazione, smorzamenti e forme modali), oltre naturalmente alle numerose prove in situ.
Esempi di interventi
Tra i riscontri di problemi e conseguenti scelte tecniche di soluzioni, a titolo esemplificativo vogliamo segnalare qui due interventi, rispettivamente riguardanti le volte in muratura e quelle in cemento armato. Nel primo caso, l’intervento di progetto prevede l’applicazione di un intonaco armato CRM con rete in fibra di vetro (GFRP) con maglia 66×66 mm con barre costituite da fibre di carbonio lunghe alcalino-resistenti impregnate con resina termoindurente. Nel secondo, invece, l’applicazione di un intonaco armato CRM con rete in fibra di carbonio (CFRP) con maglia 66×66 mm con barre costituite da fibre di carbonio lunghe impregnate con resina termoindurente.