Entriamo nel merito di una delle principali innovazioni del nuovo Codice, il CCT, messo a punto allo scopo di deflazionare il contenzioso
di BARBARA CARDUCCI | Avvocato, Responsabile Ufficio Legale e Contratti
L’istituto del Collegio Consultivo Tecnico (CCT) costituisce una delle principali innovazioni del nuovo Codice ed è attuativo del principio – contenuto nella Legge Delega 78/2022 – finalizzato a favorire l’utilizzo di strumenti cosiddetti ADR, alternativi alla risoluzione delle controversie giudiziali con lo scopo precipuo di deflazionare il contenzioso.
L’istituto è stato introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento con il D.L. 76/2020 (cd. decreto semplificazioni) ma con un’attuazione temporale limitata fino al 30 giugno 2023 e con una portata obbligatoria solo per appalti di lavori di importo superiore alla soglia comunitaria, estesa poi anche ai casi di manutenzione straordinaria dal D.M. Infrastrutture del 17 gennaio 2022. Rispetto al D.L. 76/2020 il nuovo Codice introduce importantissime innovazioni, e infatti:
• amplia l’oggetto delle questioni che possono essere rimesse al CCT. Tali questioni, diversamente da quelle indicate nel D.L. 76/2020, non hanno più solo a riferimento problematiche di natura “tecnica” che ostacolano l’attuazione dell’intervento e dunque la conclusione dell’appalto, ma riguardano in generale tutte le “dispute”, di qualsiasi natura, che possono insorgere tra l’appaltatore e la stazione appaltante.
• stabilizza l’istituto che non è più “norma a tempo”. Le norme sul CCT sono già efficaci dall’1 aprile scorso (data di entrata in vigore del D. Lgs. 36/2023) e si applicano anche ai CCT già nominati ai sensi dell’art. 224 del Codice che presumibilmente determineranno problematiche di tipo intertemporale;
• estende la portata applicativa del CCT che diviene ora obbligatorio, non solo per lavori soprasoglia comunitaria ma anche per SERVIZI E FORNITURE sopra 1 milione di euro e in tutti i casi di manutenzione (anche ordinaria e non più solo straordinaria). Al di fuori di tali ipotesi le parti possono comunque valutare di costituire un CCT in via facoltativa ed anzi tale specifica possibilità è contemplata e regolamentata nel caso di costituzione del collegio cosiddetta “ante operam” a cura, ovviamente, in tal caso, solo del soggetto aggiudicatore.
Le peculiarità del CCT
Le principali peculiarità del CCT rispetto agli altri strumenti alternativi ai rimedi giudiziali (precontenzioso ANAC, arbitrato, accordo bonario e transazione) consistono nel fatto che il collegio:
• resta in carica per tutta la durata dell’appalto e quindi dalla stipula del contratto e fino al collaudo;
• rende provvedimenti, nei casi contemplati rispettivamente dagli articoli 216 e 217, nella forma di: pareri obbligatori (in particolare nei casi di sospensione volontaria o coattiva e nelle ipotesi che preludono ad una risoluzione per inadempimento con lo scopo, se possibile, di prevenirla o di trovare un modo alternativo per assicurare comunque il completamento dell’opera o della prestazione); determinazioni con natura decisoria in tutti gli altri casi.
Le determinazioni del collegio assumono un rilievo pressoché risolutorio. E infatti:
• salvo che le parti dispongano diversamente, hanno carattere di lodo irrituale ex art. 808 ter c.p.c.. Ciò significa che hanno una valenza equiparabile alla conclusione di un accordo transattivo costituente titolo per avviare un’azione monitoria per decreto ingiuntivo in caso di inadempimento; al contempo si distinguono da una mera transazione in quanto tali determinazioni sono impugnabili limitatamente ai casi previsti sempre dall’art. 808 ter c.p.c.. Si tratta di ipotesi molto limitate che non attengono a vizi di merito ma riguardano quasi esclusivamente vizi inerenti alla nomina dei componenti o a violazione del contraddittorio;
• nel caso in cui le Parti non deroghino alla natura di lodo di tali determinazioni, il Legislatore ha previsto un’esimente alla responsabilità erariale. E infatti il pubblico funzionario che dà attuazione al lodo è esente da responsabilità per colpa grave;
• laddove, nei casi in cui vi è l’obbligo di costituzione obbligatoria del CCT, una delle parti non vi provveda, l’inadempimento potrà essere invocato in sede giudiziale e – se la parte inadempiente è quella pubblica – potrà costituire fonte di responsabilità per colpa grave.
Il Legislatore ha dunque mostrato di attribuire un particolare favor per questo istituto che viene a costituire un’ulteriore declinazione del cosiddetto principio del risultato ora espressamente contemplato all’art. 1 del Codice. Il CCT, per come ora disciplinato, incide notevolmente: sull’esecuzione dell’appalto, considerato che non sono previste soglie di sbarramento per le quali esso è invocabile (così come avviene, ad esempio, per l’accordo bonario); sul quadro economico dell’intervento considerato che:
1. I lodi richiedono una copertura economica che si discute se possa trovare o meno collocazione tra le somme che finanziano il quadro economico dell’intervento o della prestazione (si pensi ai lodi in materia di riserve per andamento anomalo rispetto alle quali la natura risarcitoria delle pretese potrebbe impedire che le stesse siano spesate sul Q.E. destinato a investimenti);
2. Occorre computarvi la metà del compenso di competenza del soggetto aggiudicatore. Poiché i componenti del collegio possono variare da 3 a 5, su indicazione del soggetto aggiudicatore e a seconda della complessità dell’intervento, tale compenso assume spesso valore assai rilevante (sulla determinazione dell’importo si rinvia alla lettura dell’Allegato V.2 che a sua volta rimanda al D.L. 76/2020 s.m.i. e al D.M. Infrastrutture 22 gennaio 2022).
Ampliamento applicativo
Come detto, l’ambito applicativo dell’istituto è stato notevolmente esteso dal Legislatore del nuovo Codice. Ad oggi è previsto che il CCT possa occuparsi di ogni tipo di disputa che incida sull’appalto, tecnica, giuridica o economica. Tale ampliamento, determina sicuramente una sovrapposizione dell’istituto rispetto, in particolare, all’accordo bonario potendo certamente il CCT conoscere anche delle “riserve contabili” senza che siano previste “soglie di sbarramento” al di sotto delle quali non possa essere posto il quesito. Parimenti è interessante indagare se, ed entro quali limiti, possano essere devolute al CCT questioni già pendenti nei giudizi ordinari e con lo scopo di trovare magari un componimento di natura conciliativa tra le parti.
In tal senso non è chiaro nemmeno se trovino ancora applicazione le previsioni di “raccordo” tra i due istituti che erano previste dal D.M. 17 gennaio 2022. Ed infatti, il Codice sembra ora rinviare – per le norme applicabili:
• agli articoli del Codice (215 – 219);
• all’Allegato V.2 fino a che non entri in vigore uno specifico regolamento sul tema;
• al D.M. 17 gennaio 2022 ma limitatamente al tema dei requisiti, delle incompatibilità e dei compensi.
Non essendo stato espressamente abrogato tale D.M., ci si chiede allora se tutte le disposizioni normative ivi previste e che non trovano una specifica regolamentazione nel nuovo Codice permangano o meno in vigore. Il fatto che alle determinazioni del CCT possa attribuirsi valore di lodo irrituale non implica che per tale istituto possano automaticamente trovare applicazione le norme sull’arbitrato irrituale. E infatti il CCT si caratterizza per alcune peculiarità che attengono ad esempio, ai requisiti, al regime delle incompatibilità e alle modalità di nomina dei componenti.
L’autrice
Barbara Carducci è avvocato e Responsabile Legale, Societario e Contratti di Roma Metropolitane, per conto della quale – dopo aver svolto la pratica forense presso l’Avvocatura capitolina – da oltre 20 anni si occupa delle problematiche legali riguardanti la progettazione e gestione delle nuove linee metropolitane e tranviarie di Roma, supportando stazione appaltante e tecnici.