Nella prospettiva dell’emanazione dei CAM Strade, proponiamo una ricognizione sull’applicazione del principio DNSH alle opere viarie
di BARBARA CARDUCCI | Avvocato, Responsabile Ufficio Legale e Contratti
Tra i principi che il Legislatore nazionale ha posto a fondamento della riforma attuata con il nuovo codice dei contratti pubblici introdotto dal d. lgs. 36/2023, vi è quello della sostenibilità ambientale, in stretta correlazione e funzionalità alle iniziative strategiche comunitarie che mirano a perseguire gli obiettivi posti dall’Agenda 2030 e, nel più lungo termine, dal Green Deal europeo.
La norma di riferimento è l’art. 57 che però, nel regolamentare l’applicazione ai contratti pubblici dei Criteri Minimi Ambientali (CAM), nulla prevede con riferimento specifico al cosiddetto DNSH, acronimo del principio “Do no significant harm” (non arrecare danno all’ambiente) introdotto dal Regolamento UE di Tassonomia per la finanza sostenibile n. 2020/852 al fine di promuovere gli investimenti in progetti verdi e sostenibili proprio nell’ambito delle politiche economiche comunitarie orientate a perseguire la neutralità climatica entro il 2050.
In ambito italiano il DSNH trova, ad oggi, concreta attuazione con riferimento agli appalti PNRR, rispetto ai quali la sua applicazione è condizione indispensabile per l’accesso ai finanziamenti del RRF. Il Governo italiano ha però già anticipato che nel prossimo futuro il DSNH è destinato a costituire presupposto anche per gli investimenti finanziati con fondi strutturali (si veda in tal senso il riscontro alla FAQ fornito sul tema dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri attraverso il portale italiadomani.gov.it: “Il principio DNSH è un principio introdotto a livello comunitario ed esplicitato dal Regolamento sulla Tassonomia. Ancorché inizialmente rivolto alle attività economiche, sarà introdotto in maniera trasversale anche su altri progetti, quali ad esempio quelli afferenti al prossimo ciclo dei Fondi Strutturali”).
Evoluzione normativa
In tale direzione è stato recentemente adottato il Regolamento UE n. 2023/2486 entrato in vigore l’1 gennaio 2024 che ha apportato rilevanti modifiche al già citato Regolamento di Tassonomia. Questo atto normativo, infatti, sostituisce e riforma il quadro precedente, fornendo nuove direttive e vincoli per chi intende intraprendere attività economiche all’insegna della sostenibilità esplicitando i criteri di vaglio tecnico da attuare nella fase progettuale e realizzativa di alcuni interventi infrastrutturali ai fini della concreta applicazione del DNSH ad alcune importanti tipologie di investimenti, tra cui il settore della costruzione e demolizione di opere civili includendo, naturalmente, le infrastrutture stradali.
L’iniziativa del Legislatore comunitario muove dalle considerazioni esplicitate al paragrafo 16 del Regolamento ove è affermato che “Il settore della costruzione e della demolizione è responsabile del 37% dei rifiuti prodotti nell’Unione. Nella transizione verso l’economia circolare è perciò importante garantire che i materiali utilizzati nel processo di costruzione e manutenzione degli edifici e di altre opere di ingegneria civile provengano principalmente da materie (prime secondarie) riutilizzate o riciclate, e siano a loro volta preparati per essere riutilizzati o riciclati quando l’opera costruita è demolita. È quindi opportuno stabilire criteri di vaglio tecnico per la costruzione di nuovi edifici, la ristrutturazione di quelli esistenti, la demolizione o lo smantellamento di edifici e altre strutture, la manutenzione di strade e autostrade e l’uso del calcestruzzo nei progetti di ingegneria civile. Occorre considerare la circolarità dei materiali e dell’opera costruita nella fase di progettazione e in tutte quelle successive, fino allo smantellamento. I criteri di vaglio tecnico dovrebbero pertanto improntati ai principi della progettazione e della produzione circolari e all’uso circolare dei materiali utilizzati per la costruzione”.
Con specifico riferimento alla disciplina applicabile al settore stradale, il tema è affrontato dal nuovo Regolamento comunitario ai paragrafi 3.3. “Demolizione di edifici e di altre strutture”, 3.4 “Manutenzione di strade e autostrade” e 3.5 “Uso del calcestruzzo nell’Ingegneria civile”.
È quindi importante capire effettivamente di cosa si tratta e quale è l’impatto di tale principio sulle opere pubbliche, sia in fase progettuale che realizzativa. Occorre poi approfondire il rapporto tra i DNSH e i CAM adottati dalla normativa statale e dunque vigenti. Come vedremo, infatti, il rispetto dei CAM in vigore non necessariamente implica il rispetto del principio del DNSH. Ma andiamo per ordine.
Scenari ed esemplificazioni
Come detto, tutti i progetti inclusi nel PNRR italiano hanno costituito oggetto di una valutazione tecnica che, in coerenza con le linee guida europee emanate sul tema, stima nel lungo termine gli effetti ambientali, diretti e indiretti, attesi. Tali effetti possono generare 4 diversi scenari a seconda che:
1) L’investimento abbia un impatto nullo o trascurabile sull’obiettivo;
2) La misura sostenga l’obiettivo con un coefficiente del 100%;
3) La misura contribuisca “in modo sostanziale” all’obiettivo ambientale;
4) La misura richieda una valutazione DNSH complessiva.
A seconda dello scenario in cui ricade l’investimento, sono stati definiti i due seguenti approcci per le valutazioni DNSH:
1) Un approccio semplificato adottato se, per un singolo obiettivo, l’intervento è classificabile in uno dei primi tre scenari. Le amministrazioni forniscono una breve motivazione per mettere in luce le ragioni per cui l’intervento è associato ad un rischio limitato di danno ambientale, a prescindere dal suo contributo potenziale alla transizione verde.
2) Un’analisi approfondita e condizioni da rispettare da adottare per gli investimenti che ricadono in settori come quello dell’energia, dei trasporti o della gestione dei rifiuti, e che dunque presentano un rischio maggiore di incidere su uno o più obiettivi ambientali. La stessa analisi rende necessaria anche per gli interventi che mirano a fornire un contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
A seconda che l’intervento rientri nel primo o nel secondo regime, la documentazione progettuale di riferimento deve contenere una relazione, diversamente articolata, da redigere ai sensi dell’art. 17 del Regolamento n. 852/2020. Tale documento, in particolare, include le informazioni declinate nelle schede tecniche che il MEF, da ultimo con la circolare n. 33/2022, ha adottato in relazione alle varie tipologie di interventi infrastrutturali da realizzare in ambito PNRR traducendo in termini operativi le misure ambientali, ma anche gli strumenti di controllo, da garantire in ogni fase del procedimento realizzativo, fino al collaudo dell’opera.
Con riferimento specifico al settore delle strade, al fine di supportare le Amministrazioni pubbliche in merito agli adempimenti di tipo ambientale, è utile segnalare che l’IFEL, che opera per conto di ANCI, ha pubblicato nel corso del mese di ottobre 2023 un quaderno operativo a ciò appositamente dedicato nel quale sono esattamente individuate le schede tecniche che – ai fini del DNSH – devono essere prese in considerazione in relazione agli effetti che la politica ambientale europea mira a perseguire (approfondisci a questo link).
Come già accennato, anche il Regolamento UE 4286/2023 entrato in vigore l’1 gennaio introduce ora una specifica sezione dedicata alle infrastrutture stradali presumibilmente, con l’obiettivo di avviare tale settore al rispetto del DSNH anche laddove l’opera non sia finanziata con fondi PNRR.
È allora interessante capire come il suddetto principio interagisca con i CAM, ed in particolare con i CAM Strade che il Ministero della Transizione Ecologica dovrà adottare. Sul punto, il Governo italiano dopo aver precisato che “I CAM non sono articolati esplicitamente nei sei obiettivi rilevanti ai fini del DNSH e quindi caso per caso va valutato il contributo sostanziale che i CAM, inclusi i criteri premianti, possono fornire ad uno o più di tali obiettivi”, ha posto una distinzione tra gli interventi ricadenti nel Regime 1 o nel Regime 2.
Nel caso in cui l’intervento ricada nel Regime 1 (l’attività economica contribuisce sostanzialmente ad almeno uno degli obiettivi ambientali rilevanti ai fini del DNSH), i CAM garantiscono un contributo positivo agli obiettivi ambientali individuati come rilevanti al fine di non arrecare danno significativo all’ambiente sia direttamente sia considerando l’effetto leva sui mercati di riferimento. Tuttavia, poiché il livello delle prestazioni ambientali delineato dai CAM varia in funzione della categoria di appalto di cui sono oggetto, il contributo sostanziale va valutato caso per caso.
Nel caso invece in cui l’investimento infrastrutturale rientri nel Regime 2 (l’attività economica non arreca danno significativo all’ambiente) l’applicazione dei CAM garantisce il rispetto di tale principio. Poiché le infrastrutture stradali rientrano nel Regime 2, alla luce delle considerazioni sopra rese, si dovrebbe quindi presumere che, allorquando saranno adottati i CAM strade, l’applicazione degli stessi al procedimento realizzativo, di fatto dovrebbe implicitamente costituire anche attuazione del principio del DNSH.
Nel merito, tuttavia, il Ministero della Transizione Ecologica ha anche rilevato che tale automatismo (e cioè rispetto dei CAM equivale a rispetto del DNSH) dipende dal grado di aggiornamento dei criteri ambientali minimi e dai criteri di vaglio tecnico da rispettare secondo il Regolamento della Tassonomia. Ed infatti, gli atti del Green Public Procurement dell’UE contengono dei criteri più recenti rispetto ai CAM nazionali, poiché i GPP sono sottoposti, a livello europeo, ad aggiornamenti regolari, in linea con l’evoluzione delle migliori pratiche del settore. Inoltre, il Regolamento della Tassonomia e i relativi criteri di vaglio tecnico sul principio DNSH hanno introdotto dei nuovi elementi (es. analisi rischio climatico), che finora non erano stati presi in considerazione né dai criteri ambientali minimi né tantomeno da altre normative nazionali/comunitarie disponibili. Pertanto, la conformità ai criteri ambientali minimi potrebbe non essere condizione sufficiente ad esaurire la piena conformità al principio DNSH.
Osservazioni conclusive
In conclusione, si possono trarre le seguenti considerazioni:
• A tutt’oggi il principio del DNSH riguarda obbligatoriamente ed espressamente le opere inserite nel PNRR;
• Il Governo italiano, in aderenza alla politica comunitaria sulla sostenibilità ambientale, mira ad estendere il principio anche alle opere finanziate con fondi strutturali;
• È dunque importante che le Amministrazioni e gli Operatori economici non si facciano trovare impreparati nell’applicazione del principio rispetto al quale il regime speciale introdotto per il PNRR ha costituito terreno di prova e sperimentazione;
• L’applicazione in linea generale del principio al settore delle strade è ora espressamente contemplata dal Regolamento n. 4286/2023 entrato in vigore l’1 gennaio 2024;
• Le strade rientrano nel cosiddetto Regime 2. Si dovrebbe quindi presumere che i relativi CAM non ancora adottati per tale settore saranno in linea con i criteri di vaglio tecnico conseguenti all’applicazione del principio del DNSH. Ciò nonostante, poiché tale principio ha una portata più ampia e generale rispetto ai CAM, sarà comunque necessario che l’Amministrazione attui un confronto tra le due normative tecniche per verificare l’effettiva conformità dell’opera al principio del DNSH.
L’autrice
Barbara Carducci è avvocato e Responsabile Legale, Societario e Contratti di Roma Metropolitane, per conto della quale – dopo aver svolto la pratica forense presso l’Avvocatura capitolina – da oltre 20 anni si occupa delle problematiche legali riguardanti la progettazione e gestione delle nuove linee metropolitane e tranviarie di Roma, supportando stazione appaltante e tecnici.