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In mezzo scorre la nuova ingegneria

Dialogo sull’innovazione con il team di Masera Engineering Group, alla scoperta di un approccio al bridge design basato su algoritmi homemade e “visioni di futuro” già diventate buone pratiche progettuali

di FABRIZIO APOSTOLO 

Oltre all’acqua del Po, a Torino scorre anche una nuova ingegneria. Il suo ossigeno: la ricerca. Il suo idrogeno: l’innovazione, secondo un’accezione che condensa i fattori tecnologia, competenze, funzionalità (utile nel presente) e visione (più che utile, guardando al futuro). Benvenuti e benvenute nel quartier generale di Masera Engineering Group, società di ingegneria specializzata, tra l’altro, in bridge design il cui approccio alla R&D abbiamo già raccontato nel nostro ultimo speciale 2024, ma che in questa prima parte del 2025 abbiamo voluto approfondire ascoltando la viva voce delle sue persone, che hanno accettato di parlare con VISIONproprio di innovazione.

Masera Engineering Group, società con sede a Torino guidata dal CEO Davide Masera, conta oggi più di 60 risorse in parte impegnate nella divisione Ricerca&Sviluppo coordinata da Marco Givonetti. Le altre divisioni sono Ponti e Viadotti, Strade e Opere geotecniche all’aperto. A coordinare la sfera tecnico-progettuale vi è Umberto Folco, CTO di Masera Engineering Group.

I due “mondi”, ricerca e progettazione, sono fortemente connessi, dato che le “prove di futuro” allestite dalla R&D sono pensate sempre per misurarsi con le esigenze della realtà presente definita dall’area tecnica. Le oltre 60 risorse che animano i due open space dell’headquarter Masera, a due passi da Porta Susa, hanno una caratteristica comune: la giovane età. La nuova ingegneria è dunque attrattiva per le nuove generazioni? Evidentemente sì.

Partiamo, con la preziosa collaborazione dell’ingegner Folco, dagli obiettivi generali, che sono “la rapidità esecutiva, la sostenibilità economica e la piena funzionalità”. Come raggiungerli? Puntando sull’innovazione diffusa, territorio dove l’AI applicata alla progettazione può giocare un ruolo decisamente importante. Impiegarla efficacemente, tuttavia, non è mera questione strumentale, bensì culturale: significa permeare i processi di una vera e propria “cultura dell’algoritmo” fatto in casa, che diventa patrimonio aziendale. 

In Masera si scrivono algoritmi che facilitano l’attività di pre-dimensionamento degli impalcati: questo significa sia velocizzare gli iter progettuali, sia fornire agli interlocutori uno scenario di design in cui le quantità dei materiali siano ottimizzate, in una logica di sostenibilità economica e insieme ambientale. Obiettivo raggiunto? In parte sì. Ma in parte il cantiere resta aperto. Come il futuro. “Su questi filoni – spiega Folco – abbiamo attivi due progetti: Efesto e Atlas. Si tratta di approcci al pre-dimensionamento e al dimensionamento degli impalcati metallici accomunati dall’obiettivo dell’ottimizzazione delle quantità di acciaio attraverso l’aiuto dell’IA e, più in generale, del dialogo costruttivo che attiviamo tra diversi programmi”.

Oltre-visione

Ricerca sulle frontiere dell’innovazione e applicabilità non sono dunque terreni poi così distanti, da queste parti. Merito del team working che affonda le radici nella ricerca (si veda ancora la “puntata precedente” sul numero scorso) e di cui porteremo a breve ulteriori esempi. Nonché, in parallelo, della vision, illustrata dal CEO Davide Masera: “In questa fase siamo molto concentrati sulla predisposizione dei migliori strumenti di progettazione possibili nel nostro campo. L’occhio però punta, per un prossimo futuro, ad andare oltre il settore dell’ingegneria infrastrutturale per impiegare questo set metodologico e tecnologico in altri contesti, pensiamo all’agricoltura o al fotovoltaico. La nuova ingegneria deve essere fortemente trasversale, che è poi un aggettivo tipico dell’innovazione. Se siamo specialisti di computer vision applicata ai ponti, perché non potremmo applicare questo know-how a progetti ‘agriculture’ o gestione dell’acqua, risorsa tra le più preziose?”. 

La trasversalità strategica come fattore di crescita e attrattività, per il mercato e per le intelligenze che vorranno unirsi, in futuro, al team Masera. E, più in generale, come seme da gettare per favorire lo sviluppo di nuovi modelli di ingegneria. “È un concetto che va oltre la multidisciplinarietà. È un’idea di innovazione che include formazione, saperi, orizzonti in modo nitido, programmatico potremmo dire. Oggi lavorano insieme ingegneri civili e architetti. A breve, si aggiungeranno gli ingegneri informatici e gli ingegneri aerospaziali esperti di droni”.

I team di progettazione di Masera Engineering Group al lavoro negli uffici di Torino

Monitoraggio innovativo

Prove di futuro, che è poi è di fatto presente, accomunate dall’innovazione e contraddistinte da un intenso lavoro sugli algoritmi: fatti in casa, si diceva. Organic, si potrebbe anche dire. Un primo filone che corre in questa direzione è quello del monitoraggio di ponti e viadotti, attività centrale nelle moderne pratiche manutentive. In Masera se ne occupa, per esempio, Rebecca Asso, partita dal concetto di “cura” delle opere d’arte per arrivare a quello di “prevenzione”. Ovverosia: i dati e la loro elaborazione rapida e mirata, resa possibile dall’introduzione di algoritmi di intelligenza artificiale, al servizio della manutenzione preventiva. 

Siamo molto impegnati – rileva Asso – nell’introdurre nella scrittura dei codici elementi di flessibilità, perché ogni progetto ha caratteristiche peculiari di cui occorre tenere conto. ‘Ascoltare’ attentamente i dati che promanano dalle opere d’arte è oggi attività e, insieme, risorsa fondamentale”. Le considerazioni dell’ingegner Asso, che mettono in rete metodicità e customizzazione, ci accompagnano verso un ulteriore possibile cambio di paradigma, per esempio nella progettazione di nuove opere, che può davvero configurarsi quale frontiera innovativa. La sfida consiste nel costruire modelli, spiega Davide Masera, “di intelligenza artificiale generativa basata su algoritmi evolutivi. L’AI lavora su dati prodotti, la sua versione generativa su dati generati o autogenerati, capaci di tramutarsi in best solution e soddisfare in modo ottimale i diversi bisogni costruttivi”.

Appoggi e super-ispezioni

Ancora esempi di ingegneria dell’innovazione. Questa volta mettendo al centro del discorso il tema degli appoggi dei ponti esistenti. Se ne sta occupando Emanuela De Luca, impegnata in un’opera di classificazione e analisi di tipologie, materia li (neoprene, neoprene armato, acciaio, PTFE), criticità, funzionalità residua, con l’obiettivo di arrivare a poter contare su un database, anche in questo caso organic, da valorizzare con specifici algoritmi: “Gli appoggi sono dispositivi chiave – rileva – la cui salute può condizionare quella dell’intero impalcato. I primi risultati della ricerca e delle prove sperimentali effettuate ci danno segnali confortanti sull’efficienza residua delle soluzioni in acciaio e PTFE”. 

Ma siamo solo all’inizio di una sfida epocale. Se i suoi primi passi sono stati caratterizzati dal cospicuo ricorso alle ispezioni, in corso d’opera, un aiuto prezioso è arrivato da computer vision e relativi algoritmi AI di cui si occupa un altro esperto della materia di intelligenza artificiale quale è l’ingegnere iraniano Sina Roustaeikakaei: “Gli algoritmi di computer vision trovano un campo di applicazione molto fertile proprio nelle attività ispettive, che non devono più portare l’ingegnere sul campo, ovvero il più delle volte sotto il viadotto, ma gli consentono di effettuare analisi con standard di accuratezza elevatissimi (mAP: Mean Average Precision) lavorando su una fotografia scattata, per esempio, dal drone. Ne è un esempio concreto l’algoritmo AI che abbiamo sviluppato in Masera Engineering Group, che permette di riconoscere e classificare i difetti negli appoggi da ponte. Siamo all’inizio di un cammino sfidante, ma non fantascientifico. Già oggi, infatti, stiamo lavorando al rilievo dei difetti negli elementi strutturali in calcestruzzo armato e abbiamo come obiettivo quello di applicare i nostri algoritmi al rilievo dei difetti nelle saldature delle carpenterie metalliche attraverso l’acquisizione di immagini”.

Fondamenta di design

Dalle manutenzioni ancora alle nuove opere progettande, nello spirito della trasversalità e delle frontiere di futuro. Di una, in particolare, ci raccontano altri due giovani specialisti di Masera Engineering Group, Pietro Palumbo e Valentina Boretti, quest’ultima in collegamento dall’Argentina, suo Paese d’origine. La disciplina del parametric design è tra quelle che consentono di raggiungere gli obiettivi delineati, nell’incipit, dal CTO Folco: progettare rapidamente e sostenibilmente. Anche in questo caso è fondamentale lo sviluppo di algoritmi specifici capaci di bypassare il fattore “pagina bianca” “per entrare subito nel vivo del pre-dimensionamento degli impalcati – sottolinea Palumbo – e, con l’aiuto dell’AI, dell’ottimizzazione di processi e risorse, per arrivare alla piena customizzazione”.

La progettazione parametrica trova un suo impiego massivo e di lunga data in architettura, in particolare nella progettazione delle forme complesse. Oggi incontra terreno fertile proprio nella progettazione di ponti, co-operando con le metodologie BIM e le analisi FEM e ispirando un cambio culturale nell’approccio al bridge design: “Nel parametric design – aggiunge Boretti – il progetto si fonda su parametri variabili e non fissi. Questo ci consente di poter gestire molto meglio le modifiche che intercorreranno, evitando così le laboriosità e le attività ripetitive tipiche dalla progettazione tradizionale”. 

Aggiornamenti automatici, dunque, con tempi di esecuzione delle modifiche decisamente più rapidi. Cambi di passo ottimamente programmati e gestiti se supportati dalle buone “fondamenta” dei set parametrici di generazione dei modelli. Liberare tempo ed energia a vantaggio di nuove “ispirazioni” progettuali, demandando all’algoritmo le parti più ripetitive degli aggiornamenti dei progetti. Ecco un altro obiettivo raggiunto grazie all’innovazione, che a Torino scorre copiosa come l’acqua del Po.

Un grazie a Cristina Dipierro anche per parte del materiale fotografico a corredo di questo articolo.

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