L’obiettivo: le migliori prestazioni di leganti e conglomerati. Il mezzo: investimenti in R&D, strumentazioni e know-how. Quello di Valli Zabban
Redazione VISIONJ
Alle radici della qualità di una strada – e della sua sicurezza intrinseca – c’è un mondo di innovazione. Il che non significa solo investimenti in tecnologia, ma anche una metodologia consolidata, che trova la sua essenza nella ricerca e sviluppo da un lato e nei controlli funzionali dall’altro. Il tutto in collaborazione con chi quella strada l’andrà a realizzare: le imprese. Una storia emblematica di questo approccio riguarda il cammino che porta dal bitume alla pavimentazione, passando attraverso i conglomerati bituminosi. Un percorso che troverà visibilità anche da Asphaltica 2023, in programma a Verona Fiere dal 3 al 7 maggio. Tra i protagonisti della kermesse vi sarà anche Valli Zabban, con la sua Divisione Tecnologie Stradali. L’azienda, guidata dall’AD Andrea Lazzarotto, fondata nello stesso anno di nascita dell’Anas, 1928, e parte del Gruppo Tonon, ha aperto le porte dei propri laboratori a VISIONJ.
Leganti e prestazioni
Il punto di partenza sono i leganti, ovvero i bitumi, che vanno “indagati”, spiegano da Valli Zabban, per far sì che rispettino le specifiche di capitolato, ma anche per conoscerne le prestazioni. L’azienda di Calenzano (Firenze) con laboratorio stradale a Bologna per raggiungere questi obiettivi punta sulla combinazione di laboratorio, know how e investimenti in tecnologie, che si traduce nell’identificazione del legante più funzionale a rispondere alle esigenze delle varie tipologie di intervento, dalle autostrade agli autodromi, dagli aeroporti alle aree logistiche.
“Per la designazione di un bitume modificato, per esempio – spiega Massimo Paolini, direttore tecnico Tecnologie Stradali VZ – bastano poche prove standard di laboratorio come la penetrazione e il punto di rammollimento. Ma per valutare le prestazioni di un legante è indispensabile andare oltre queste prove”. Parlare di prestazioni vuol dire infatti analizzare il comportamento del legante messo in opera e durante l’esercizio: “Per questo occorre simulare in laboratorio l’invecchiamento del materiale. Si comincia con quello a breve termine: in che condizioni sarà il bitume dopo la produzione, il trasporto e la stesa del conglomerato? La risposta arriva dalla RTFOT Rolling Thin Film Oven Test e stiamo già parlando del 60-70% del suo invecchiamento totale. Quindi, occorre simulare cosa gli accadrà a lungo termine e qui interviene la prova PAV, che ne mostrerà lo stato di forma a dieci anni dalla posa”.
E le prove prestazionali? Anche qui c’entrano la “gioventù” e la “vecchiaia” del bitume: “Nei primi mesi dalla posa infatti – continua Paolini – il rischio maggiore sono le ormaie ma in questo caso i test con il DSR Dynamic Shear Rheometer sui campioni dopo RTFOT ci permettono di determinare fino a che temperatura il prodotto resisterà senza che si formino deformazioni permanenti”. Ma perché la pavimentazione in esercizio degenera fino a essere rimossa e sostituita? “Perché i carichi ciclici del traffico innescano microfratture che, sopra una data temperatura, tenderanno ad autoripararsi mentre sotto a propagarsi, fino a causare il collasso del CB. Come conoscere e gestire questa temperatura in anticipo? Sempre attraverso la prova DSR, su provini dopo PAV”.
Infine, ma in Italia è cosa rara, le bassissime temperature possono irrigidire il legante a un punto tale che i carichi potrebbero innescare fessurazioni longitudinali nella pavimentazione. Per prevenirle si può impiegare un legante formulato e verificato con la prova BBR Bending Beam Rheometer su provini dopo PAV. “L’insieme di questi test permette di stabilire il PG PerformanceGrade. Ora non solo sappiamo di che tipo di legante si tratta, ma anche esattamente per quale applicazione e quanto potrà funzionare al meglio”.
Conglomerati bituminosi
Il percorso di R&D Valli Zabban prosegue con le prove dinamiche sul conglomerato bituminoso. Si comincia miscelando in laboratorio inerti e legante, così da produrre il CB che sarà poi compattato con pressa giratoria in modo da ottenere un campione che simuli le caratteristiche del materiale steso e compattato. Quindi entra in scena la macchina per prove dinamiche, AsphaltQube PRO. “Si tratta – entra nel merito Paolini – di una macchina elettromeccanica di ultimissima generazione con abbinata una cella climatica che consente di effettuare prove da -40 a +80 gradi. Le prove indispensabile per la caratterizzazione prestazionale del conglomerato sono la Fractur Energy (FE) a 10° C, ovvero l’energia necessaria per innescare la fessurazione nel CB; la prova a fatica per valutare la resistenza del materiale ai cicli di carico; la compressione coassiale per determinare la resistenza alle deformazioni permanenti (ormaie) che si possono generare alle alte temperature di esercizio”.
Se le prove classiche empiriche come la trazione indiretta non consentono di restituire una fotografia esatta di quanto avviene su strada – non sottoposta a una forza continua e costante, ma a carichi ciclici – i test di natura dinamica sono invece perfettamente in grado di lavorare “per cicli”, simulando così il traffico e proponendosi come prove prestazionali. La “strada delle prestazioni” avviata con il legante (RTFOT, PAV, DSR, BBT) prosegue così, coerentemente, quando quest’ultimo entra a far parte della mescola bituminosa. “È questa la strada che conduce ai nostri prodotti – aggiunge Enrico Petelio, Direttore Commerciale Tecnologie Stradali VZ -: soluzioni avanzate e permeate di innovazione testata e verificata. Il loro valore aggiunto: avere alle spalle un intenso e lungo lavoro che punta a dare a chi progetta una pavimentazione tutto quello che occorre per farlo al meglio”.
Laboratorio mobile
Infine, è arrivato il momento di spostarci dal laboratorio al cantiere per raccontare… il laboratorio mobile Valli Zabban, struttura deputata all’attività di verifica dei materiali sul campo. “Il laboratorio mobile – spiega Paolini – è uno strumento prezioso, prima di tutto perché ci dà la possibilità di fornire assistenza diretta alle imprese che impiegano i nostri prodotti e poi perché ci permette di dialogare costantemente con stazioni appaltanti, università, impiantisti e con le stesse imprese, raccogliendo i feedback con cui alimentiamo il nostro lavoro di R&D di nuovi prodotti o miglioramento di quelli esistenti”.
Il lab mobile, operando direttamente sul cantiere di stesa, consente di determinare in sito il contenuto di legante presente nel CB appena prelevato dalla finitrice, nonché la curva granulometrica del medesimo. Per questo si utilizza una centrifuga che, con l’aiuto di un solvente, consente di separare il bitume dagli inerti. La pressa giratoria permette quindi di compattare i provini che saranno poi testati nel laboratorio centrale per determinare il grado di addensamento del CB e sui quali poi saranno effettuate le prove dinamiche prestazionali: “Per queste ultime – conclude lo specialista VZ – è importante aver compattato i provini in sito così da evitare ulteriori riscaldamenti del conglomerato che, a quel punto, non sarebbe più rappresentativo del materiale steso”.