Vision NewsVision Talks

Rivoluzione digitale cooperativa

Da una mobilità individuale a un paradigma basato sui dati essenziale per migliorare la road safety. Come ci spiega Carlo Costa, DTG di A22

di FABRIZIO APOSTOLO 

Carlo Costa, ingegnere, Direttore Tecnico Generale di Autostrada del Brennero, da sempre lavora per il futuro. Come può testimoniare chi, negli ultimi anni, ha seguito da vicino la storia della concessionaria dell’autostrada che collega il Brennero con Modena, link cruciale tra la Mitteleuropa e l’area del Mediterraneo. Un esempio tra i molti: la realizzazione, ben 13 anni or sono, del centro di distribuzione di idrogeno a Bolzano Sud, avanguardia pioneristica di un approccio che, sul piano della sostenibilità, ha portato l’autostrada a sperimentare ogni forma possibile di combustibile green. Un “ponte” sempre più definito con la sostenibilità ambientale (ideata e, ed è questo il caso di A22, attuata) è oggi la digitalizzazione, campo nel quale il settore delle infrastrutture viarie si colloca su un crinale storico, quello, per l’appunto, che potrebbe farlo (e farci) entrare in un’era nuova: un’epoca in cui, grazie al riordino della mobilità, anche i tassi di incidentalità su strada potrebbero essere ridotti ai minimi termini.

Ingegner Costa, partiamo proprio da qui, ovvero dalla sicurezza della mobilità: come si connette questo tema a quello dell’innovazione?

I numeri parlano chiaro, oggi la limitata capacità e incremento del traffico portano a situazioni non sicure. Nel mondo, ogni anno, circa 1,35 milioni di persone perde la vita in incidenti stradali, mentre i feriti sono circa 50 milioni. Nella sola Europa nel 2021 sono state registrate circa 19.800 vittime da incidenti, praticamente una città di medie dimensioni che ogni anno scompare…. Un altro dato: nel 2020 gli incidenti in prossimità dei cantieri sono aumentati del 10% rispetto all’anno precedente… Tutto questo ci dice che le strade restano una fonte di incidentalità e che la sfida che abbiamo davanti è epocale. Un modo corretto per affrontarla è dare impulso a una trasformazione della mobilità che, in linea generale, oggi non è gestita con criteri molto diversi a quelli di 40 anni fa. Un punto chiave è che le strade restano uno scenario in cui i veicoli si muovono in maniera autonoma, individuale, e il comportamento dei guidatori spesso determina conseguenze su loro stessi e sugli altri. La digitalizzazione è esattamente quel processo che può consentirci di mettere in relazione i singoli mezzi, in modo tale da dar loro un “governo”, rendendo il sistema cooperativo.

Quando potremo vivere questo cambio di paradigma?

A mio avviso in un tempo non così lontano. Grazie alle politiche dell’Unione Europea, fortemente improntate all’approccio digitale, ritengo che in circa 10 anni potremo assistere a un cambio epocale rispetto ai modi della mobilità. In determinati contesti, questi risultati li vedremo anche prima, nell’arco di un quinquennio. E si tratterà di cambiamenti che non riguarderanno soltanto i trasporti, ma anche, per esempio, l’urbanistica. Le nostre città si svilupperanno in modo nuovo, più connesso alle reali esigenze di spostamento delle persone.

Il punto di partenza o, meglio, di svolta?

Sicuramente, torno a dire, le politiche comunitarie. Il Green Deal punta a ridurre le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990 entro il 2030, per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Per vincere questa sfida, è stato messo in campo un piano di investimenti pubblici e privati da 1.000 miliardi di euro in 10 anni. Il Recovery Fund, da parte sua, è un’altra leva straordinaria, in quanto associa risorse del bilancio pluriennale UE al NextGeneration EU che ha messo al centro la lotta al cambiamento climatico. Stiamo parlando di un totale di 1.824,3 miliardi di euro, di cui 759 di NextGeneration Eu. L’Italia è il principale beneficiario dei fondi con oltre 191 miliardi, di cui 71,8 per la transizione ecologica e 48,1 per la digitalizzazione. La vera sfida, ora, è quella di essere in grado di rendere attuativi questi investimenti nei tempi previsti. È la sfida del PNRR e delle sue 6 missioni. Le prime tre già ci dicono molto: digitalizzazione, rivoluzione verde e infrastrutture per una mobilità sostenibile… 

In questo contesto come si muoverà Autobrennero?

Declinerei il verbo anche al passato: “come si è mossa…”, perché le iniziative portate a termine, in direzione di una transizione ecologica, tecnologica e sul piano della road safety, sono già cospicue. L’idea di fondo: occorre non solo potenziare le opere, ma anche utilizzare al meglio le infrastrutture su cui già contiamo, per arrivare così a perfezionare quello che chiamiamo Green Digital Corridor Europeo Brennero-Modena. Gli strumenti per tagliare questo traguardo sono 14 specifici ambiti di progetto, vale la pena ricordarli: terza corsia Verona-A1; Terza corsia dinamica Bolzano Nord-Verona; sovrappassi; barriere fonoassorbenti; stazioni e centri di servizio per la sicurezza; parcheggi e autoparchi, aree di servizio; piano di mobilità sostenibile e servizi di digitalizzazione a supporto (idrogeno, fotovoltaico e via dicendo); manutenzione straordinaria opere d’arte; stabilizzazione dei versanti; miglioramento della viabilità ordinaria esterna; Cispadana; Campogalliano-Sassuolo; intermodalità.

Interessante, dal nostro punto di vista, l’abbinamento sostenibilità-innovazione…

Sono aspetti, a cui aggiungo la sicurezza, che viaggiano in perfetta integrazione. E, ripeto, ci stiamo lavorando da molto tempo, per esempio partecipando a ben 20 progetti europei dedicati alla mobilità nuova, che nel loro complesso hanno registrato, e mi riferisco solo agli ITS, dati quali la diminuzione del 34% degli incidenti e un abbassamento del 22% delle emissioni di CO2. Nell’ambito di C-Roads, che ha previsto l’implementazione di diversi servizi C-ITS Day-1 e Day-1.5, soltanto per fare un esempio, abbiamo fatto percorrere sull’A22 ben 300mila km a mezzi pesanti in Truck Platooning, ovvero con un veicolo motrice e gli altri “trasportati” digitalmente. Proprio come se fossero lungo una ferrovia.

È la mobilità cooperativa attuata…

Proprio così. E lo stesso può valere per i veicoli leggeri (in questo ambito abbiamo anche i risultati dei test dell’Highway Chauffeur, sempre nell’ambito di C-Roads Italy). Si tratta esattamente di quel cambio di paradigma di cui dicevo: da una distribuzione puntuale e individuale dei mezzi a un assetto interconnesso dai dati, quelli che già in grande mole possono trasmettere, oggi, i veicoli e su cui l’infrastruttura deve lavorare. Per esempio, come stiamo facendo in A22, generando scambi dati continui attraverso il sistema 5G e non più soltanto basandoci su punti singolari. Un’ulteriore motivo di soddisfazione è arrivato inoltre dai test che abbiamo effettuato nella sezione transfrontaliera insieme ad Asfinag, perché in futuro chi viaggia in Europa dovrà poter ricevere informazioni univoche e qualitativamente omogenee. 

Dalla mobilità individuale a una mobilità collettiva, più connessa e dunque più sicura, anche su strada. Essendo il suo team, ingegnere, ben allenato a lavorare sul futuro, come abbiamo ricordato all’inizio di questa intervista, vede altri cambiamenti possibili una volta toccato questo orizzonte?

Vedo, per esempio, un cambiamento possibile proprio nei meccanismi di scelta trasportistica da parte degli utenti, dai viaggiatori ai trasportatori di merci. Essendo gli spostamenti totalmente pianificabili, allora potrà davvero affermarsi un MaaS (Mobility as a Service) di nuova generazione, in cui strada e ferrovia non dovranno muoversi come concorrenti, ma in cui i percorsi migliori possibili saranno affidati proprio alle scelte, consapevoli, degli utenti.

Leggi anche: A22, c’è l’ok del Ministero

Vai al sito web di Autostrada del Brennero

Condividi su linkedin
LinkedIn
Condividi su facebook
Facebook
Condividi su twitter
Twitter