Ripristinare o ricostruire? In fatto di viadotti oggi spesso si predilige questa seconda scelta, come ci spiega, portando esempi mirati, Giuseppe Pasqualato, direttore tecnico di SINA (ASTM Group)
di FABRIZIO APOSTOLO
Conoscenza profonda, scelte tecniche, innovazione tecnologica. Sotto il segno di una parola chiave: integrazione. Il cui aggettivo può legarsi al sostantivo progettazione (integrata), ma anche a una buona pratica quale la raccolta dati finalizzata alla creazione di un gemello digitale.
Il concetto di “integrazione” nell’engineering odierno gioca un ruolo di semplificazione delle complessità, raccordo tra gli attori, regia dei processi tecnico-costruttivi. Per approfondire questi spunti e darvi corpo in una narrazione tecnica finalizzata a descrivere un approccio esemplare, abbiamo incontrato a Milano l’ingegner Giuseppe Pasqualato, direttore tecnico di SINA (ASTM Group). Il punto di partenza: le grandi manutenzioni di altrettanto grandi infrastrutture.
Ingegnere, tra i casi recenti del vostro progettare “grandi manutenzioni” vi è il rinnovamento del viadotto Gravagna, in Toscana (A15, gestore SALT). Può essere considerato un intervento esemplificativo di un approccio standard?
Il viadotto Gravagna è un’infrastruttura emblematica, anche perché molto impattante. In questo caso è difficile parlare di standardizzazione in merito alle scelte progettuali specifiche, ma sicuramente sui metodi di approccio al progetto certamente ci si colloca ormai in un sistema standardizzato. L’attività di assessment che l’ha riguardata ha condotto alla scelta progettuale di eliminare gli impalcati esistenti già rinforzati con enormi archi metallici di sostegno, sostituendoli con nuove strutture. Le demolizioni sono state eseguite sia con esplosivo per quanto riguardava le parti in acciaio, sia con tecniche puntuali (fresature, tagli con dischi diamantati, asportazioni) per le porzioni in cemento armato. Un tema chiave, nella progettazione e gestione dell’intervento – approdato ora alla ricostruzione – è sicuramente la convivenza con il traffico veicolare in un nodo che è strategico.
Non riparazioni parziali, ma “global reconstruction”.
Esatto: per quanto ci riguarda, molte parti di opere con le stesse specificità del Gravagna vanno sostituite. Cambia il paradigma: non parliamo solo di allungamento della vita utile, ma di ridare alle infrastrutture una nuova vita. Il punto d’avvio del percorso, approdato a questa scelta costruttiva ed emerso anche dalla normativa recente riguardante i ponti, è una presa di coscienza tecnico-progettuale per così dire retrospettiva: strutture in cemento armato precompresso degli anni ’60 (come le travi cosiddette a doppia T) sono state spesso realizzate senza contare sulla disponibilità di tecnologie costruttive efficaci (penso alle iniezioni dei cavi) che ne garantisse l’“eternità”, ovvero il non insorgere di criticità legate alla loro vetustà.
Il tema è quello della conoscenza: oggi qual è l’approccio da questo punto di vista?
Le indagini oggi possono essere molto accurate, anche se non sempre risolutive. Sicuramente fondamentali per indirizzare le scelte. La questione, che in SINA è basilare, è oggetto di continue evoluzioni, approfondimenti e collaborazioni, per esempio nell’ambito di tavoli tecnici con il mondo istituzionale e accademico. È proprio dagli assessment, fondati su protocolli rigorosi e condivisi, che derivano le scelte progettuali ed esecutive, che possono andare dalla riparazione mirata alla sostituzione radicale.
In questo secondo caso – quello del viadotto Gravagna – quali sono i costi e quali i benefici?
I costi sono rilevanti, sia per quanto riguarda le opere, sia, in senso più lato, per quanto riguarda la coabitazione dei cantieri con la circolazione. I benefici più evidenti, invece, sono la sicurezza nel tempo, l’efficienza trasportistica e la durabilità. Perché, come dicevo, non prolunghiamo semplicemente la vita utile, ma rendiamo “nuova” un’opera esistente.


Questo l’approccio progettuale complessivo: come lo interpretate, in SINA, dal punto di vista della tecnologia?
Posso dire che abbiamo precorso i tempi dato che la prima release del nostro software storicamente denominato “SIOS Sistema Ispezione Opere d’Arte SINA” è dei primi anni ’90 (la consegna dell’ultima è avvenuta proprio poco dopo la nostra intervista, ndr). La versione attuale è un vero e proprio Asset Management, contenente algoritmi che, analizzando l’evoluzione del degrado nel tempo e altri parametri, permettono di sviluppare programmi di manutenzione che delineano distinte strategie: nessun intervento, interventi mirati, sostituzioni integrali.
Ci fa qualche esempio, oltre al Gravagna, di viadotti con parti d’opera sostituite?
Molti viadotti dell’A6 Torino-Savona (gestore Autostrada dei Fiori) sono stati approcciati in questo modo, costituendo un vero e proprio “laboratorio metodologico” che ha avuto il merito di arrivare a una sorta di efficace “serializzazione” di questa tipologia di intervento (In questi casi si può davvero definire come uno standard SINA). Ma posso citare anche casi scuola in A32 Torino-Bardonecchia (gestore SITAF) e, con interventi ora in corso, in A12 (gestore CDT).
Qual è il ruolo del progettista nel contesto attuale delle grandi manutenzioni?
Rispetto alla nuova opera, dove sono importanti i vincoli paesaggistici e territoriali ma si lavora con un classico schema “greenfield”, nelle riqualificazioni il progettista diventa “connettore” di più aspetti, a partire dalla questione delle interferenze con la viabilità. Diventa fondamentale la sua visione d’insieme, nonché di prospettiva, che vada oltre gli aspetti strutturali e metta in rete questi con il coordinamento della sicurezza nelle fasi di cantiere e con il traffic management. Diventa indispensabile, oggi, lavorare molto sul tema dell’interdisciplinarità, ovvero considerando tutte le discipline anche di nuova definizione: la tecnologia di gestione del traffico e dell’incidentalità, la sicurezza degli utenti (barriere di sicurezza, conforto nell’approccio delle deviazioni stradali), la sicurezza dei lavoratori, le tecnologie dei materiali. Preme sottolineare come il medesimo approccio venga applicato al settore delle gallerie esistenti che, seppure con specifiche peculiarità, trae particolare vantaggio da un approccio multidisciplinare.
Quanto la tecnologia può aiutare quest’attività di connessione a tutto campo?
Moltissimo, soprattutto, a nostro avviso, se impiegata anch’essa in forma sistemica. Qui entriamo nel campo della progettazione integrata, favorita dalla metodologia BIM. In SINA abbiamo scelto, strategicamente, di adottarla in modo trasversale, ovvero “distribuendola” in tutte le nostre aree di lavoro tramite l’introduzione di risorse specializzate guidate da un BIM Manager (Biagio Cannizzaro), ovvero BIM Coordinator e BIM Specialist. Questo schema e una serie di ulteriori requisiti soddisfatti (procedure standardizzate, piano di formazione e via dicendo) ci ha permesso, recentemente, di ottenere da ICMQ la certificazione BIM ai sensi della norma UNI PDR 74 del 2019. La base dell’approccio BIM è la costituzione di un vero e proprio data environment condiviso certificato, fondato su precisi modelli operativi e approvativi. Tutti i nostri progetti, sia di nuove opere sia di manutenzioni, ne traggono beneficio.
Rimanendo sempre nel campo “innovazione e manutenzioni”, vi è una specificità che vorrebbe sottolineare?
Sia nei ponti sia nelle gallerie esistenti (penso, per esempio, alla necessità delle nuove dotazioni impiantistiche in quelle di oltre 500 m di lunghezza), diventa cruciale uno strumento come il gemello digitale. Si tratta di una vera e propria ricostruzione digitale dell’opera, ideale punto di partenza per lavorare al suo miglioramento. Per renderla effettiva, un’attività altrettanto cruciale è la raccolta dati, anche in questo caso da gestire in modalità integrata, ossia “legando” le informazioni raccolte da laser scanner, droni e altri strumenti. Il processo in corso mira a raccogliere tutte le informazioni (storiche di nuovi progetti, interventi, etc.) nel gemello digitale inserito in SIOS in una specifica sezione, in modo che sia una piattaforma di supporto a 365 gradi sull’opera.

